Gli occhi degli astronauti

Puoi essere attirato da chi fa canestro, è una cosa normale. La palla che attraversa quella retina  immacolata, guastando per un istante la geometria perfetta, è sempre una cosa bella da vedere. La palla entra in tanti modi in quella retina, ma il gesto che più cattura la tua attenzione è quando lo fa dopo che ha compiuto un lungo tragitto.  Sei catturato da quel gesto che un po’ sembra ipnotizzarti: il tiro da fuori. A un certo punto sul campo, mentre tutti assumono strane posizioni, corrono, fanno scatti e altre diavolerie, ecco che a un certo punto c’è uno che prende e zac! salta tutto dritto in verticale ed è un salto che sembra non finire mai.

È un salto che, pur essendo veloce, ha una sua lentezza, e anche una sua eleganza, è qualcosa difficile da spiegare se non la vedi. Quello è uno che sta facendo un tiro. Un tiro è fatto da molte cose, ma quella più evidente è un salto preciso in verticale tenendo questo pallone proprio davanti alla fronte, con due mani, anche se alla fine è una sola la mano che saluta la palla.

In quel preciso momento succede anche un’altra cosa, e cioè che quel corpo, un attimo dopo aver lasciato la palla, inizia a tornare sul pianeta terra. E lì tutti quelli che stanno in quel palazzetto smettono di vedere l’atterraggio di quell’astronauta e si concentrano sulla palla, per capire se farà centro, se l’azione sarà finalizzata con la geometria perfetta della retina bianca sciupata, ancora una volta. Ma tu invece no, devi fare una cosa diversa. Lascia stare quell’arco perfetto, quel movimento del pallone che all’inizio sale verso l’alto come un aquilone per poi iniziare a cadere verso quel cerchio che sta in mezzo al nulla.

Tutti gli sguardi saranno concentrati quell’arco nell’aria e tu, invece, mantieni i tuoi occhi su quella specie di astronauta che sta tornando sul terreno, dove stanno tutti gli altri esseri umani. Un astronauta lo sa quando è il momento di tornare a terra. Vedrai molte cose che ti piaceranno, perfino più belle di sapere dove sarà finito quel pallone. Vedrai il suo atterraggio – sembra proprio un airone che cade su se stesso -, vedrai come il suo corpo si attutisce sui cuscinetti morbidi dei suoi avampiedi come i carrelli di un aereo in discesa, vedrai come le sue ginocchia si piegheranno un po’, sempre per ammortizzare quel salto, e devi osservare ancora qualche altra cosa. Prima di tutto qual è il momento in cui le sue braccia tornano basse, osserva quando l’airone farà tornare le sue ali lungo il suo corpo per continuare quello che faceva prima: quella corsa strana – ricordi?

E poi devi osservare i suoi occhi. Oh, i suoi occhi sono bellissimi. In quelle pochissime frazioni di secondo imparerai mille cose dai suoi occhi, che sono fissi su quel pallone come una colla sui francobolli, li vedrai aprirsi un po’ di più, trepidare un po’ di più, in attesa di conoscere anche lui l’esito del suo tiro. Nemmeno lui lo sa se la retina sarà sciupata oppure no, per cui è trepidante quanto tutti quelli che in quel momento stanno dentro questa struttura e sono tanti, e sono tutti rapiti da quell’arco che si muove nell’aria. Una struttura bella, elegante, le gradinate blu, il plexiglass intorno a delimitare il campo dagli spalti, le luci sulle travi di legno lassù, non c’è niente da dire: è davvero una bella struttura per giocare il gioco degli astronauti. Un gioco dove gli astronauti li fanno un po’ tutti, a turno, uno per volta, oppure a due, tre, ma mai tutti insieme. Si decolla, si sale in un’altra dimensione, si resta un po’ a vedere che aria tira, poi si atterra, e poi capiterà ancora, e ancora.

Allora tu non staccarti da quegli occhi: se la palla entra nel cerchio quegli occhi faranno un piccolo sorriso, e tu quel sorriso non lo devi perdere, può essere anche un’espressione come di rabbia sfogata, di soddisfazione contenuta. E se invece la palla non entra nel cerchio, bè, non è successo nulla, un astronauta non centra tutte le missioni, ma una cosa la devi sapere: ce la metterà tutta per terminare il lavoro. E tutto questo i suoi occhi te lo diranno se saprai osservarli attentamente. Che ti importa in fondo di sapere se il pallone è entrato oppure no? Hai ancora molto da imparare su questo sport, ma non temere: questo vale per tutti, anche per gli astronauti più bravi.

E adesso goditi la partita e questo palazzetto bellissimo, sapendo però dove guardare. Un giorno ci potresti scendere anche tu a fare qualche salto nell’atmosfera come tutti quegli astronauti. Però prima devi imparare. No, non a lanciare la palla. A capire cosa succede davvero negli occhi di chi atterra e riprende a correre, come se nulla fosse stato.